— Che c'è? V'interessa? Mi conoscete?
— No, no; fu presto a soggiungere il sarto. Scarpette mi ha parlato di voi; diceva che le eravate simpaticissimo.
— Eh, si! In casa di Storno!
Il ciccaiolo cominciò a narrare quanto i due amici già sapevano. Qualche bicchierino d'acquavite, offertogli generosamente, gli sciolse del tutto lo scilinguagnolo e lo rese espansivo. Passarono in tal modo tre ore. Alla fine, Pipita, al colmo dell'ubbriachezza, esclamò a bruciapelo:
— Sentite! Voi mi siete simpatici! Promettetemi il segreto!
Il sarto fece presto a pronunciare un orribile giuramento.
— Non siete della questura?
— Che dite mai? Noi della questura? Eh, se potesse averci nelle mani!
— Bravi! Ebbene, se volete esser sicuri di trovare Scarpette, venite alla «Pancia del Rospo».
— La pancia del rospo? Cos'è?
— Zitti! E una succursale di questa osteria. Sta sotto di noi, nelle cantine! Ma bisogna usar prudenza. Ogni sabato c'è riunione. E siamo tra buoni amici, sapete?
Il discorso venne interrotto da una bambina, una creaturina sui quattordici anni, esile, con la faccia pallida e gli occhioni azzurri. Si avvicinò lentamente e disse con una voce fioca e fra due colpi di tosse:
— Perdono! Si chiude!
Giorgio Perroni fissò meravigliato gli occhi su quel visetto emaciato. Esso gli ricordava qualcosa di molto caro.
— Chi è?, domandò a Pipita.
— La ragazza dell'osteria, una brava ballerina. Ma vedrete sabato, nella «Pancia del Rospo». È il divertimento dei frequentatori.
Uscirono tutti e tre e si divisero amichevolmente, dopo essersi dato appuntamento pel sabato.
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