Un segreto presentimento pesava sull'anima del sarto e di Perroni, qualche cosa come una paura irragionevole e un gran desiderio insieme di trovarsi in quella misteriosa taverna.
Il domani Maglino venne preso, d'un tratto, da brividi di febbre e dovette porsi fra le lenzuola sotto la minaccia di una polmonite.
XIII
La pancia del rospo
La notte del sabato il solo Perroni si recò all'appuntamento. Pipita, dopo avergli fatto promettere di nuovo il segreto, lo condusse in un'osteria di Sottoripa.
— Sentite, gli disse, si tratta della vita e della morte. Il Rossino non scherza. La taverna è tenuta per suo conto ed egli vi fa entrare soltanto uomini sicuri. E badate che quell'uomo è capace di farvi un brutto scherzo, se vuole. Si dice che abbia molti assassinii sulla coscienza. Ma la polizia non è mai riuscita ad acchiapparlo.
— Chi è questo Rossino?, chiese il Perroni.
— Non posso dirvelo.
— E la «Pancia del Rospo»?
— Oh, quella è una riunione di buoni amici, ove si ride, si hanno donne e ci si diverte, qualche volta, a ballare senza vestiti. Ma vedrete voi stesso.
Alle tre dopo mezzanotte si avviarono. Pipita bussò all'uscio del «Buon Marinaio», dopo essersi accertato che nelle vicinanze non c'era alcuna traccia di guardie. Una voce rauca chiese, di dentro:
— Chi è?
— Gli amici del Rossino, rispose pronto il ciccaiolo.
La porta si schiuse. Un uomo, piuttosto vecchio, in maniche di camicia e tenendo in mano una lanterna cieca, precedette i due per una scaletta, che sprofondava sotterra. Fecero in silenzio una trentina di gradini.
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