— Augusta, tu mi conosci e sai che nominarmi vuol dire morire. Quest'uomo, poi, sia il tuo amante od altro, doveva ignorare per sempre la mia esistenza. Hai voluto il contrario? Peggio per te.
Si arretrò di un passo, ficcando gli occhi penetranti in volto al Perroni.
— Che volevate da me? Mi cercavate, forse?
Giorgio Perroni, tranquillamente, rispose:
— Sì, cercavo te, proprio te, Dario Cerruti, assassino della Storno, assassino di Sofia Brendel, corruttore di Augusta. Voglio la sua bambina, capisci? Che ne hai fatto? Se la renderai ad Augusta, ti perdonerò!
— Tante grazie! Ci tieni veramente, Augustina, a riaver la tua bimba?
— Oh, sì; rendimela, Dario. Ti compenserò con tanto bene del male fattomi!
— Anche tu sei generosa, bravi! Ed ora, a me. Fra dieci minuti sarete morti. Non muoverti, tu. È inutile. Con un salto sono fuori delle tue unghie. Ascoltami, piuttosto, e ascoltami anche tu, Augusta. Sapete dov'è quella bambina, che ricercate? A pochi passi da voi; è la piccola ballerina di questa sera. Una buona fanciulla, e anche graziosa. Fra tre giorni sarà la mia amante, ve lo giuro come vi giuro che fra cinque minuti sarete morti.
Si ritrasse rapidamente. Augusta si era gettata in terra, singhiozzando. Il Perroni si era precipitato su quel mostro. Ma non potè raggiungerlo.
La porta massiccia dello stanzone si aprì violentemente per dar passaggio al Cerruti, poi si chiuse.
Che fare? Scorse un minuto d'angoscia. Scarpette piangeva, torcendosi le braccia.
L'uscio si era aperto di nuovo, lentamente, sovra un golfo di tenebre.
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