Bisognava mostrarsi risoluti. Il Perroni rialzò la donna e, tenendola per la vita, affrontò quell'ombra. Aveva staccato un lanternone dalla soffitta e lo teneva alto con un braccio a rischiarargli il cammino.
Giunsero così sino alla cima della scaletta, senza trovare nessuno. Traversarono la sala del «Buon Marinaio». La porta era dischiusa.
Quella calma tormentava l'animo del Perroni. Egli temeva un agguato, per la strada. Spalancò l'uscio con un colpo violento, poi, lasciato il lanternone sulla soglia dell'osteria, si slanciò innanzi, sostenendo Augusta.
Udì intorno a sè uno spaventoso rovinìo, poi una risata; una nube rossa gli abbacinò gli occhi, mentre un urto terribile lo stramazzava al suolo.
Tornato in sè, sentì qualcosa di gelido, che gli bagnava il viso. Provò a muoversi. Una acutissima trafittura in una spalla gli fece cacciare un grido. Tentò con la mano attorno e sentì al suo fianco un corpo di donna.
A poco a poco anche gli occhi gli si rischiararono. Allora si accorse di giacere per la strada, con una guancia appoggiata sul petto di Augusta. Un acre odore gli pungeva le narici.
Il seno della donna, squarciato, si apriva a un'enorme piaga, sulla quale stagnava una gora di sangue.
XIV
La fine di un sognatore
Trasportato a casa, Giorgio Perroni stette più giorni tra la vita e la morte. Il Maglino lo vegliava assiduamente, mentre la moglie prestava le sue cure di infermiera docile e silenziosa.
A poco a poco tornarono al Perroni le forze e con esse la smania di conoscere la sorte di Augusta.
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