Seppe dal sarto, che piangeva raccontandogli ciò, che la donna era stata trovata morta e che lo stesso Perroni aveva scampato un grave pericolo.
Le cause di questo doppio assassinio erano ignorate da tutti.
Il Perroni si affrettò a comunicare alla polizia ogni notizia riguardante il Cerruti e la «Pancia del Rospo».
Già fin dall'assassinio di Storno e del De Sorenny la questura si era lanciata dietro le peste del misterioso delinquente. Ma, come allora, ogni ricerca fu vana. Nè promesse, nè premi valsero a ottenere qualche testimonianza.
Una visita alla «Pancia del Rospo» non riuscì ad altro, se non a constatare che, sotto il «Buon Marinaio», esisteva una vasta cantina dall'apparenza onesta.
Venne imprigionato il padrone del locale, come ultima risorsa.
Pipita e il Cerruti introvabili, senza alcuna vera prova contro quell'oste, la Giustizia dovette assolvere e ascrivere a delirio della febbre la deposizione del Perroni.
Costui era molto indebolito dalla malattia. Magro e sparuto, immerso di continuo nella malinconia, non si compiaceva se non nella compagnia del sarto e di sua moglie.
Un giorno, disse:
— Maglino, desidero abbandonare questa città!
— Dove vuoi recarti, Giorgio?
— In un paesello, vicino a Parma. Ho qualche parente, colà. Lascio te con molto dolore. Ma è necessario.
— Sì, Giorgio, sarà un grande dolore. Pure, non so dissuaderti dal tuo progetto. Hai bisogno di non pensare più al passato.
— E tu che farai, Maglino?
— Oh, io! Ho un progetto. Non voglio aver pace sinchè non sarò riuscito a strappare quella bambina dalle mani del Cerruti e a smascherare il mostro.
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