Lo ho giurato sul corpo di Augusta.
— Povero Gianni! È terribile, sai, il nostro nemico. Se avessi forze, ti aiuterei. Ma non posso, non posso. Fra un anno non sarò più.
Chinò il capo pallidissimo sovra una spalla del sarto. Una tenerezza indicibile opprimeva entrambi.
Il Perroni riprese:
— Sai a che penso, Maglino? A un mondo nuovo, ove tutti fossero buoni e non esistesse il delitto! Oh, l'orribile ricordo! Quella belva dai capelli rossi!
— Calmati! Domani stesso devi partire. Non voglio più che tu viva in questa città maledetta.
— Forse non ci vedremo più, Gianni. Ho paura per entrambi!
— Sai? C'è una profezia, su di me. Me la disse una strega di Napoli. Mi guardò la mano, mi toccò la fronte e poi sentenziò:
— Tu vedrai nella tua vita tre macchie di sangue e morrai violentemente. Che vuoi? È il destino. Io ci credo.
— No, no, Gianni. Tu vivrai a lungo e qualche volta, forse, ti ricorderai di quest'infelice, che non ha mai recato danno a nessuno e che ha amato tanto. Amavo la vita, sai?, e mi pareva dolce l'esistenza fra le simpatie e gli affetti. Una povera creatura mi ha dimostrato l'orrore di questo mondo, un mostro mi ha dissipate le illusioni. Ora, vedo tutto in rosso. Mi pare di avere sempre innanzi agli occhi una nebbia di sangue. E poi, scorgo luccicare coltelli e degli occhi fosforescenti fissarmi dalle tenebre.
Ebbe un movimento di ribrezzo, poi continuò:
— Perdonami. Ti rattristo. Vorrei stare al tuo fianco, aiutarti. Ma ho appena la forza di respirare.
— Con te vicino non oserei muovermi, agire.
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