II
Il covo
La villa, nella quale trovavasi nascosta la figlia di Scarpette, apparteneva a Dario Cerruti e gli serviva da tana. In essa si rifugiava quel mostro di perversione, allorchč qualche colpo audace o la scaltrezza dei nemici lo ponevano troppo in vista. Scompariva dal campo di battaglia, senza lasciar traccia di sč. Gli amici lo dicevano partito per un lungo viaggio. In realtā, egli ingannava il tempo, a pochi passi da Genova, trescando con qualche sua amante o fumando un numero considerevole di sigarette. Talvolta, si sorprendeva a sognare una vita pių tranquilla e pių pura. Anche il diavolo ha i suoi momenti di noia e di speranza.
Il Cerruti non aveva mai conosciuta la gioia buona e sincera. Nato da una famiglia di pazzi e di rachidinosi, padrone di molto denaro, sin da fanciullo si era compiaciuto nelle opere malvagie. Debole di corpo, pauroso d'animo, egli possedeva l'ingegno e la volontā capaci di spingere gli altri al delitto.
Ogni suo studio, ogni cura aveva volta a corrompere quanti lo avvicinavano. Pareva un demone della perversitā. Suggestionatore e di facile parola, incatenava a sč gli uomini come le donne. Di queste faceva delle amanti, di quelli degli strumenti adatti a sfogare la sua smania di sangue. Il pių miserando spettacolo, l'omicidio pių atroce, anzichč commuoverlo, lo riempivano di letizia. Era un artista nel genere e si compiaceva nel condurre a termine i pių arrischiati e dannosi disegni, curandone le minuzie, sorvegliando sč e gli altri, disinvolto e pronto nei casi pių disperati.
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