Malgrado l'apparenza fredda e le poche parole della cameriera, essa indovinava un cuore caldo e sincero sotto l'involucro artificioso.
Talvolta, arrischiava qualche sorriso o qualche frase famigliare. Ma la donna, intimorita dalla sua stessa audacia, certa di andar contro la volontà del Cerruti, si arretrava e si racchiudeva di nuovo nel suo mutismo.
Quella sera Rosa Moddi e la fanciulla cenavano tranquillamente, allorchè udirono squillare tre volte il campanello di casa. La cameriera divenne pallida e si alzò, mormorando:
— Vergine Santa! È il padrone!
Poi data un'occhiata compassionevole a Bisca, si avviò frettolosa ad aprire. Dopo un minuto rientrò in sala con Dario Cerruti. Costui era allegro e si stropicciava le mani.
La fanciulla appena vistolo, sentì un brivido di paura scorrerle pel piccolo corpo. Tremava e non sapeva perchè. Quell'uomo in quel momento, le sembrava giunto da molto lontano a portarle la sentenza di morte. Tuttavia si vinse, si alzò e abbozzò un inchino verso colui, che si era avvezzata nella taverna a considerare come un padrone.
— Siedi, siedi, Bisca, borbottò il Cerruti. E anche tu siedi, Rosellina. Ho fame anch'io e vi terrò compagnia.
La cena terminò in silenzio. Quei tre esseri si studiavano reciprocamente, ma con animo ben diverso.
Bisca aveva paura, Rosa sentiva nascere in sè un primo stimolo di ribellione e di nausea; quanto al Cerruti, egli pensava un piano di battaglia e meditava ad un punto di conquistare la propria sicurezza e il corpo della fanciulla.
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