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      A me il sangue scorre ricco e denso per le vene e nell'anima m'alita un gran desiderio di voluttà e di affetto.
      Per ciò, forse, ho preferito quelle creature», e accennava alle donne, «al mio vecchio maestro».
      In così dire la voce gli si velava un poco di rimpianto.
      A grado a grado la grande sala si sgombrò. Il vecchio re, appoggiato al braccio del figlio, si allontanò, seguito dalla torma delle donne e dei cortigiani.
      Rimase, solo, sperso sotto la luce dei candelabri, Pietro Martino. Al suo fianco era ancora il grande cane danese, unico compagno del vecchio visionario. Due lacrime scivolarono lungo le guance del saggio, subito sperse nelle rughe del suo volto. La morte dell'enorme sogno lo trascinava seco nel vortice dell'ignoto. Il suo piccolo magro corpo si piegò su se stesso, s'accasciò sul marmo del pavimento, s'allungò, divenne rigido e freddo. Nella immensa sala, ormai, più non si scorgeva che la nera linea del cadavere sul marmo e la grande ombra del cane; più non si udiva che il latrato lungo e spaventoso della bestia, immobile accanto al corpo del suo padrone.
      In tal modo morì Pietro Martino, poeta e visionario".
      Un lungo silenzio accolse la fine del racconto. Ciascuno, anche se poco intelligente, sentiva una specie di malessere e di delusione. Soltanto Anna Vincigli ebbe il coraggio di approvare col capo.
      Il contino Perla aveva tentato un frizzo, ma la frase gli era rimasta in gola.
      A un tratto si udì una risata.
      — Professore, badi alla questura!
      Tutti si volsero. Dario Cerruti si teneva, dritto, con le braccia incrociate sul petto, in mezzo al circolo.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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