Infatti, in certi momenti quel magnifico commediante simulava la bontà e la dolcezza in modo da ingannare il più esperto occhio critico.
Del resto, il Cerruti era pronto a sacrificare, almeno pel momento, il suo capriccio per Bisca alla volontà della Vincigli.
Ma tutte queste idee, tutto questo ronzio di passioni suonavano ancora indistintamente, nè riuscivano ancora a modificare l'ambiente.
Un giorno, Anna e Bisca si trovarono sole. Erano entrambe preoccupate, ma per diversi motivi.
La fanciulla pensava al Cerruti ed al suo strano cambiamento e nella sua piccola psiche non riusciva a trovare motivi di diffidenza verso quella tenerezza improvvisa. Al contrario, fermava con una specie di compiacenza il pensiero su quell'uomo, poco tempo prima tanto temuto e che ora sembrava essersi assunto il compito dolce di protettore e di amico.
Anna, invece, era immersa in dolorose riflessioni. La sua situazione presente le appariva falsa e poco confacente alla sua indole risoluta.
Non amava più il Bonci, sentiva verso il Cerruti una ripugnanza istintiva, accresciuta dall'aver indovinato in quell'uomo la passione verso di lei e il gioco istintivo dell'interesse. In quella casa soltanto Bisca le diveniva ogni giorno più cara per quella sua ingenuità di modi e per quella schiettezza di affezioni, che riempiva il cuore dell'adolescente.
Bisca fu la prima a rompere il silenzio:
— A che pensa, signora Anna?, chiese timidamente.
— A te, figliuola mia. Ti amo già come una mia creatura e non riesco a comprendere la tua presenza in questo ambiente corrotto.
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