— Oh! Io ero tanto infelice, una volta. Tutti mi odiavano e mi facevano del male. Ero in una taverna, con una donnona grassa, che si diceva mia madre e mi batteva senza pietà. Ero obbligata a ballare per divertire gli avventori, quasi tutti marinai, che, in compenso, mi coprivano di improperi e mi obbligavano ai più duri servizi.
— Povera piccina. E chi ti ha liberata da quelle canaglie?
— Il Cerruti, signora. Mi ha portata in questa casetta e mi ha lasciata qui, in compagnia di Rosa. Poi, è tornato. Ma era tanto cattivo, allora! Voleva ch'io divenissi la sua amante e mi ha minacciata, se rifiutavo, di bruciarmi i piedi.
— Oh, l'infame! E allora, che hai fatto tu, Bisca?
— Io non sapevo che piangere. Ma Rosa si è intromessa e il Cerruti se ne è andato, promettendo di tornare presto. Ed è tornato con lei, signora, ma quanto diverso! Adesso è buono, e mi colma di carezze e di attenzioni.
— Egli finge, credilo. Non è mai stato sincero, quell'uomo!
— No, no, non è possibile.
— Povera piccola abbandonata! E hanno avuto il coraggio di far del male a un essere così delicato! Ma parlerò io al Cerruti e lo obbligherò a lasciarti venir via con me. Vuoi?
— No, signora, per carità. Tornerebbe cattivo! E poi, è il padrone, lui. Non gli parli, se mi vuol bene. Forse è cambiato veramente!
— Bambina!
In quell'istante entrò il Bonci a interrompere la conversazione.
La sera, Anna chiese risoluta al Cerruti:
— Vuole offrirmi il suo braccio e condurmi a visitare il giardino? Fa tanto caldo, in casa!
— Volentieri, signora.
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