— Lo sapevo, e da un pezzo. Ma la conosco troppo, per poterla amare. Io m'illudevo su me stessa, mi credevo anarchica, disprezzavo ogni vincolo materiale e morale. Ma il contatto con Lei e con Bisca mi ha rischiarate le idee. Ho compreso dove era il male e dove era il bene. Ora, so quale sarà la mia strada.
Il Cerruti lasciò udire una risata sarcastica.
— Mi lasci parlare. Ora so che gli uomini si dividono in forti e deboli e che è male quanto si fa a svantaggio dei deboli e bene quanto si compie in loro favore. Ora so che i forti possono dilaniarsi tra loro, ma non devono volgere la loro prepotenza su quelli, che non li valgono fisicamente, o socialmente, o moralmente.
— Ah! Ah! La signora anarchica è diventata socialista!
— Che vuol dire? Non sono più un'indipendente. Credo, adesso, che l'opera debba essere utile a quanti soffrono, non a quanti si ribellano. Credo che l'unica vendetta possibile sia quella degli oppressi, l'unica difesa possibile sia quella degli sventurati.
— E chi le ha insegnato tutto questo?
— Lei e Bisca! Lei, con la sua profonda malvagità, Bisca con la sua delicatezza. Sono i due estremi della società ed io ringrazio il destino di averli conosciuti.
— Sta bene. Ed ora ascolti me, Anna.
La voce del Cerruti si era fatta aspra e stridula.
La sua fisionomia aveva assunta un'espressione terribile di ferocia.
— Io la amo e la odio ad un tempo, Anna. Vorrei domarla e possederla. Vedo che, forse, con la dolcezza non riuscirò a nulla. Ma stia in guardia. Un giorno o l'altro, riuscirò nell'intento.
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