Infine, un'idea le attraversò il cervello.
— Ho trovato!, esclamò. Non chiederò aiuto alla legge, ma agli uomini.
Quella sera si teneva un grande comizio al teatro Alfieri, in via Corsica. Anna vi si recò, con l'animo agitato da un grave progetto.
Nella sala gli operai si accalcavano, silenziosi nell'aspettativa. Avevano tutti il viso aperto alla gioia e fissavano con i loro occhi inquieti il palcoscenico, ove si trovavano raccolti gli organizzatori. A un tratto, suonò la voce robusta di uno fra questi. Le sue parole scorrevano per l'ampia sala, lente e sonore, a far battere i mille cuori di quella massa compatta. Parlò a lungo, ora accalorandosi, ora moderando il discorso in un continuo avvicendarsi di sentimenti e di idee. A lui successero altri, portando ciascuno la sua opera alla meta comune. A ogni fine di discorso suonava un frenetico plauso; poi di nuovo il raccolto silenzio.
Ed ecco Anna Vincigli si avanzò sugli assiti del palcoscenico, fissando gli occhi profondi su quel denso campo di teste. Essa sapeva di essere amata dal popolo e confidava nel suo generoso aiuto. Cominciò:
— Fratelli, io vi chiedo perdono di questa mia interruzione; ma confido in voi e nella vostra bontà. Noi siamo radunati qui per fare il bene; ora, qual bene di parole si può paragonare a quello, che crea l'azione? Un'opera di vera giustizia vi attende; una povera vittima, che la legge non può salvare, non spera altro soccorso che da voi, alleati veri del bisogno.
L'attenzione era massima negli uditori.
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