Ma in seguito, con la continua e forzata intimità, si senti insensibilmente trasformato. Il mostro, che una volta non esitava innanzi al più spaventoso delitto, adesso si sorprendeva a vergognarsi di sè stesso innanzi al limpido sguardo di Bisca.
Un idillio, tanto più meraviglioso in quanto aveva per protagonista il tenebroso padrone della «Pancia del Rospo», si svolgeva fra le bianche mura della casetta.
Nessun pensiero violento e peccaminoso veniva a turbare l'amore di quei due; al contrario, una confidenza reciproca e un lieve e aggraziato motteggio sostenevano la loro conversazione.
Per una specie di contrasto il Cerruti non osava neanche avvicinare le proprie labbra a quelle della fanciulla, timoroso che il suo temperamento eccitabile venisse scosso dall'occasione.
Nulla oramai più esisteva per lui, nè il passato tragico, nè la passione per Anna; nulla, tranne quella vaga figurina esile e affezionata, che gli riempiva l'esistenza e lo rendeva puro e amorevole tanto, quanto prima egli era stato corrotto e cinico.
Una sera, quei due parlavano fra di loro. Bisca diceva:
— Vorrei che tutto l'amore, che hanno provato e provano gli uomini, si riversasse in noi per un'eternità di gioia.
— Ed io vorrei, le rispondeva il Cerruti, che tutti i demoni dell'inferno venissero a contemplare la tua opera, mia bellissima.
— Non dirlo. Nessuno ti ha conosciuto, fin ora. Non eri cattivo, sai; ma possedevi troppo orgoglio e troppo potere.
— No, no. Io mi conosco; sono una canaglia. Ma innanzi a te non riesco a pensare se non a cose gentili.
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