Susetta
In paese lo chiamavano il "Gufo", perchč abitava una vecchia torre diroccata, spersa fra le sabbie, dalla quale non usciva, a compiere le sue solitarie passeggiate, se non quando le tenebre calavano sulla terra e sul mare. Di lui si sapeva soltanto ch'era scultore e che veniva da una cittą lontana lontana. Qualche pescatore, incontrandolo sulla spiaggia nelle notti lunari, ne aveva osservato il volto bruno, nascosto nella fitta barba e sotto lo spiovere dei capelli ed ancor pił rabbuiato da un'espressione indefinibile di scoramento. Un doganiere dal rifugio del suo casotto in una sera di tempesta lo aveva scorto, al bagliore dei lampi, alzare le braccia verso il cielo in un gesto di minaccia e d'odio.
Una mattina il "Gufo" uscģ dalla sua torre, meravigliando i rari viandanti, per lo pił donne, in cui s'imbatteva. Aveva il viso acceso e il passo affrettato, come di chi insegua qualche chimera, o sia da questa incalzato. Infatti nel suo cervello era germogliata un'idea ancora indistinta, che lo incitava e gli dava la febbre della creazione. Da mesi e mesi assiduo aveva nutrito quel suo immenso dolore, che gli altri vagamente intuivano. Adesso, ad un tratto, gli era sorta nell'animo la speranza, se non di una liberazione, almeno di un momentaneo sollievo. Un po' di quell'ardore di artista, che un tempo infiammava il suo pensiero sempre in cerca di una raffigurazione estetica, era rimasto in lui. Nella notte e nel sogno egli aveva visto appunto sorgere innanzi a sč una figura, non ancora precisa, eppure reale, e l'aveva pensata contratta come la sua anima nello spasimo del ricordo, raccapricciante di terrore, minacciosa e timida a un tempo.
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