Egli la vedeva raffigurata nel marino, nella posizione, in cui l'aveva trovata sulla soglia della torre, ma col viso scoperto, sostenuto dalle due mani. Quel corpo magro e nervoso, quell'arruffìo di capelli e sopra tutto quei lineamenti, ch'esprimevano una paura selvaggia e il livore contro ogni cosa, erano appunto ciò, ch'egli aveva presentito nella notte, cercato invano nella corsa mattutina lungo la spiaggia. Non realizzavano forse la sua visione quel viso angoloso, feroce e timido a un tempo, e quello sguardo irrequieto, tormentato dall'ansia e scintillante di desideri? Le prese una mano, dolcemente. La fanciulla alzò il viso, meravigliata.
- Vorresti venire da me, ogni mattina?, chiese lo scultore. Ti darei molto denaro.
- Perchè?
Come era diffidente quello sguardo di ragazza precoce!
- Forse comprenderai. Voglio scolpire una statua, sai; e ti farei posare da modella. È cosa facile.
Susetta piegò la testa verso terra, ma la sollevò subito e, guardando fisso lo scultore, interrogò:
- Una statua? Di quelle, come ce ne sono alla Villa Grande?
- Sì. Cioè, non precisamente come quelle, ma quasi.
- E ha bisogno di me?
- Sì. Ho bisogno di te.
La povera manina bruna tremava fra le grosse dita del "Gufo". Pure, la voce della fanciulla suonò di nuovo, sicura:
- Verrò.
*
* *
In che modo era accaduto tutto questo? Adesso Susetta era diventata abbastanza docile e tranquilla, tanto da far impensierire lo scultore, che invano ricercava nella modella l'espressione selvaggia di un tempo.
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Villa Grande Susetta
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