Oh, non avevano una casa ben calda e riparata, quei signorini? Perchè venivano a rubare il giaciglio del povero diavolo? Passai loro innanzi e li squadrai rabbiosamente. Essi non badarono a me. Però un rapido esame calmò la mia collera. Li avevo riconosciuti. Erano tre poeti, ch'io avevo incontrati spesso nelle mie passeggiate notturne. Li consideravo come amici, quantunque non avessi mai loro parlato. Pensai: hanno diritto al pari di me di utilizzare questo posto deserto; e mi allontanai, sotto il chiarore vivo della luna, con una certa dolorosa dolcezza nel cuore e seguendo con la fantasia lo svolgersi lento e malanconico di uno dei miei soliti cari sogni.
Qualcuno dietro la porta
A quell'epoca vivevo in camera ammobigliata. Avevo presa in affitto una stanza al sesto piano, nella quale passavo soltanto le poche ore concesse al sonno. La mia padrona di casa, una donna ancora giovane, ma guasta e disfatta dalle quotidiane fatiche, si rendeva visibile una volta al mese per riscuotere le poche lire, ch'io le dovevo. Quanto ai miei vicini di stanza, non li conoscevo affatto, poichè di solito tornavo a casa verso le quattro del mattino e ne uscivo appena sveglio e vestito. Nell'appartamento una cosa mi aveva colpito e sorpreso, cioè un uscio sull'anticamera eternamente spalancato. Dapprima credetti si trattasse di una camera vuota. Una volta, però, essendo rincasato più presto del consueto, trovai la stanza illuminata. Nell'interno di essa c'era un giovanotto, curvo a scrivere sopra un tavolino.
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