Alzò il capo e, vistomi, augurò cordialmente la buona notte. Era un giovane d'apparenza simpatica, con le guance grasse e lucide e un volto pacato di fanciullone. I suoi occhi, però, contraddicevano l'apparente calma del resto della persona, poichè si mostravano vivi e irrequieti e, talvolta, assumevano una strana espressione di febbrile paura. Non avevo volontà di pormi a letto; colsi, quindi, l'occasione per passare ancora due ore sveglio e annodai discorso col mio vicino di camera.
Mi si dimostrò subito dotato di molta semplicità d'animo, ma in pari tempo di molta intelligenza. Aveva letto una quantità straordinaria di libri e nel parlarne dimostrava una grande sicurezza di giudizio. Difficile all'entusiasmo, tuttavia sapeva pronunciare le sue frasi in modo, da far comprendere com'egli le pensasse profondamente. Discorremmo di molte cose. Infine, non potei trattenermi dal chiedergli per quale bizzaria egli tenesse di continuo aperto l'uscio della sua stanza. Ebbe un rapido sussulto; poi, tornato tranquillo, mi confessò sorridendo e con molta semplicità che soffriva terribilmente il caldo e aveva bisogno assoluto di una violenta aereazione. La risposta non mi persuase; tuttavia la conoscenza ancor troppo fresca non mi permise d'insistere.
Da allora spesso la notte ci trovammo insieme a parlare di letteratura. Io mi sentivo sempre più vincolato a quell'essere metodico, eppure appassionato, a quello strano impasto di calma e di ardore, di fermezza e di volubilità.
*
| |
|