Come sarebbe stata felice di vivere fra quelle piante, di correre fra le aiuole, di bagnarsi laggiù, senza tema di sgridate, nel fiume, che si vedeva scorrere con i suoi giri tortuosi, come una striscia scintillante fra mezzo al verde ed al giallo della campagna! Come parevano gonfie quell'acque! Essa le vedeva perdersi all'orizzonte e pensava che le avrebbe seguite volentieri per le ignote terre, che dovevan bagnare al di là della sua vista. E sa le seguisse davvero? E se si lasciasse cadere fra mezzo ai loro vortici per scomparire con esse? Iddio, certo, avrebbe saputo indovinare ch'essa era morta per non arrecare un dolore a persone amate. E poi, doveva essere una morte tranquilla. Rammentava il giorno, in cui avevan tratto dall'acqua il corpo di Giacomina, la nipote del fattore. Era corsa anch'essa fra le genti, e l'aveva vista: aveva il viso sorridente e calmo e pareva tanto contenta della sua sorte. Dicevano fosse morta per amore. Che cosa significava questo? E anche lei, Pagliuzza, non sarebbe morta per amore verso il suo vero babbo?
Scosse la testolina e si buttò giù dal letto con un rapido movimento. Si vestì in un baleno; poi, a piedi nudi, s'affacciò sulla soglia della stanza. Non s'udiva nessun rumore per la casa. Attraversò il pianerottolo e scese le scale, col cuore che le balzava forte, su su, fino alla gola. Quando fu in basso, piegò lungo il caseggiato, poi scivolò fra le aiuole. Il suo corpicino si distinse ancora fra i rami fioriti, infine si sperse nel boschetto, che circondava il giardino.
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Giacomina Pagliuzza
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