Il padre delle signorine Boony, colonnello nell'esercito inglese, aveva trascorsa una gran parte della vita nel clima snervante dell'India. Ottenuto il congedo e abbandonata la colonia, con la moglie, figlia di un medico indiano, visse ancora qualche anno in patria fra mezzo ai ricordi del suo avventuroso passato. Una malattia di languore avviò quasi contemporaneamente i due sposi pel cammino dell'eterno silenzio. Potei raccogliere queste poche notizie dalle signorine Boony, alle quali una strana ed evidente angoscia impediva di fermare a lungo il pensiero sovra i morti genitori.
Provai fin dal primo momento una viva simpatia per le due sorelle. Amavo trascorrere le ore al loro fianco, compiacendomi della squisita sensibilità di quelle delicate creature e seguendo con interesse ed affetto le diverse manifestazioni delle loro anime di sognatrici. Ammiravo in Mehara gli occhi turchini e fondi come il cielo equatoriale e la vivacità di pensiero e di sentimenti; ma quanto più cari mi erano gli occhi nerissimi di Damianti e la sua melanconica dolcezza! Spesso quella vaga fanciulla si avvicinava a me con un moto istintivo, che rivelava un puerile terrore, e posava la piccola mano sul mio braccio, quasi a cercare protezione ed appoggio. Mehara, invece, mi incuteva timore e in pari tempo svegliava nel mio animo il più morboso interesse. Bizzarra fusione di estasi e d'irrequietezza, il corpo in continuo movimento e il pensiero sperso dietro visioni enigmatiche, quella creatura presentava un duplice aspetto di veggente e di amazzone.
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