Sovente si dilungava veloce su per le colline di Portofino innanzi alla sorella ed a me, che pił lenti la seguivamo; poi, giunta sul culmine, volgeva l'avido sguardo all'orizzonte, lasciando sfuggire dal petto ansante un selvaggio grido d'entusiasmo. E a volte si posava sulla roccia, con le braccia distese in forma di croce e le mani aderenti per le palme al nudo sasso, godendo nel sole, che le arroventava le membra, pietrificate in una specie di profondo abbandono.
La sera, riuniti sulla veranda dell'albergo, or taciti ascoltavamo i rumori diffusi della campagna, coperta d'ombre, fissando gli sguardi nel vivo scintillio del firmamento o sull'abisso di tenebre, che si allargava ai nostri piedi, ora interrompevamo il silenzio con brevi parole, esclamazioni fugaci che rivelavano le nostre comuni impressioni. Talvolta Mehara si sporgeva, col corpo sottile, dalla balaustrata, quasi volesse precipitarsi nella buia voragine; poi, si drizzava con un rapido movimento e, rigida nella penombra, cominciava a parlare, con una voce cadenzata e un po' stridula, delle grandi pianure indiane, ove non era mai stata, e dei templi di Brama e dei sacerdoti, intenti nelle loro ascetiche contemplazioni. Narrava anche di vaghe forme, da lei intraviste nell'immensitą del cielo, e di strane corrispondenze fra quelle e i pensieri d'ogni umana creatura. Il mondo non aveva pił misteri ai suoi occhi; ogni avvenimento era da lei presentito, ogni creatura umana aveva l'aspetto di un libro aperto, nel quale essa poteva leggere a suo piacere.
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Portofino Mehara Brama
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