Per l'unica strada del paese passavano uomini affaccendati e coperti di sudore, la vanga sulle spalle, e ragazze, i piedi e i polpacci nudi, fresche e appetitose pel forte sangue paesano, che coloriva le guance e rendeva i seni ben colmi. Il diavolo tentennava la testa. Tutto ciò non gli andava troppo a garbo. C'era troppa pace, troppa gioia lì in mezzo e per conseguenza poca probabilità di acquistar sudditi fra quei sani lavoratori. Bisognava cercare un rimedio. S'avvicinò a un gruppo di vecchi e attaccò discorso. Intanto, la sera calava lentamente sulla campagna e gli uomini tornavano dal lavoro, a schiere, cantando qualche stornello. Il diavolo gonfiò le guance, fece la voce grossa e come un banditore di fiera cominciò a urlare certe sue imprecazioni contro la miseria dei tempi e lo sfruttamento dei campi e la ricchezza ripugnante dei padroni. In un attimo intorno a lui s'era formato un fitto cerchio di uditori. Tutto il villaggio correva a sentire quell'energumeno dal corpo sottile e allampanato e dal rauco vocione. Il diavolo trionfava, tanto più in quanto osservava sui volti dei vicini un certo soddisfacimento e una muta approvazione alle sue parole. Che è, che non è, anche i contadini si mettono a sbraitare. Li aveste sentiti! Discutevano il lavoro, il guadagno, la questione sociale con la stessa facilità e disinvoltura con le quali un merciaiuolo parla delle sue mercanzie. Il diavolo era sbalordito nè osava più aprir bocca. Il nembo di parole, di frasi, di urli era diventato tempesta, uragano, fitta gragnuola, che pioveva continua nelle orecchie del povero demonio.
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