Per la folla corse un tarlo di spavento e di indignazione. Le donne svenivano, gli uomini correvano all'impazzata, gettando strida orribili, senza curarsi se i loro piedi si affondavano nelle carni dei figli, delle mogli, delle madri gettate in terra dallo scompiglio. Il più pazzo terrore si era impossessato di tutti e certo la scena offerta dalla moltitudine bestiale e ansante era molto più diabolica di quella, intravista nell'atmosfera e ora dileguata di nuovo nelle tenebre della notte. Soltanto pochi tentavano di frenare la folla e di opporsi alla corrente impetuosa; fra essi uno, un coso lungo vestito di nero, col cilindro in testa e fra le dita un bastone grosso dal pomo metallico, dopo aver provato a fermare qualcuno tra i fuggenti, s'avvicinò al diavolo e, postagli rudemente una mano sulla spalla, borbottò; "Siete in arresto!".
Per miracolo il diavolo sfuggì alla vendetta popolare; quanto ai giudici, lo scacciarono dalla città con la doppia taccia di vagabondo senza carte e di mentecatto, facendogli ben comprendere che soltanto la sua pazzia manifesta e provata lo salvava dalla prigione. Del resto, si faceva a meno della sua presenza in quei luoghi; guai a lui, se si fosse attentato di ricomparirvi.
Il diavolo, a capo basso e col volto atteggiato alla più profonda mortificazione, diede le spalle per sempre anche a quel territorio.
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Andando a casaccio per la terra egli si lamentava seco stesso della propria imprudenza e della malvagità degli uomini e ruminava un mezzo per vendicarsi di tutti.
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