Ero intento a seguire con sguardo ansioso i movimenti di due agili mani sulla tastiera, che sembrava poco contenta di quei continui e bruschi contatti, allorchè sentii una voce femminile mormorarmi all'orecchio:
- Ecco il maestro!
Mi volsi improvviso. In quel momento un signore varcava la soglia del salotto, asciugandosi la fronte con un fazzoletto. Aveva una faccia bonaria, larga e grassa, due occhi limpidi, un po' irrequieti, protetti da un paio di lenti profondamente piantate sul naso carnoso, e due baffoni color di carota, ripiegati sulle labbra a guisa di ornati. Quando tolse il fazzoletto dalla fronte, scorsi un cranio rotondo e completamente calvo, sul quale, come sopra un terso cristallo, si rispecchiavano le fiammelle dei lampadari. A completare il ritratto aggiungerò che il suo corpo era panciuto e voluminoso e che le sue braccia si muovevano continuamente con gesti lenti e un po' teatrali.
- Un vero compaesano?, chiese con voce sonora e profonda dopochè la padrona di casa mi ebbe presentato a lui come napoletano.
Avanzò una mano grassoccia e sudata e strinse la mia, che si tendeva fraternamente, indugiando nella posa.
- Che caldo!, soggiunse subito sorridendo e scrutando con gli occhi gli angoli della stanza. Non seppi che rispondere e mi limitai a mormorare con accento rassegnato:
- Già! Che caldo!
Un gruppo di ragazze avviluppò il maestro Pèpere, togliendolo alla mia compagnia, ed un coro di voci giovanili lo tempestò di domande.
- Maestro, suona qualcosa di suo? L'ha promesso, non ricorda?
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Pèpere
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