Ma, malgrado la cecità dell'amore, finii con l'insospettirmi e col meravigliarmi di quel cambiamento. Una sera la strinsi di domande, mi buttai ginocchioni dinanzi a lei, scongiurandola di volermi dire la verità. Me la vedo ancora davanti, pallida e tremante, con gli occhi smarriti e appannati da qualche lagrima. "Oh, Antonio", mi disse coprendosi il volto con le mani e singhiozzando: "perdonatemi, per carità!". "Che c'è", urlai! "che cosa ti devo perdonare?". Essa mi guardò con compassione, poi mormorò: "So quanto mi amate; ed anch'io v'ho voluto molto bene! Ma ho paura, adesso, di non potervi più parlare!". "Perchè? Perchè?", la interruppi. "Perchè amo lui, mio cugino!". L'afferrai per un braccio, la costrinsi a piegarsi sotto la mia stretta. Ma essa mi guardò supplichevole, dicendo: "Perdonatemi, Antonio; sarò vostra lo stesso, se vorrete, poichè ho impegnata la mia fede con voi, ma ne morrò di dolore!". La sua felicità, la sua felicità sopra tutto! Sentivo l'impulso di ucciderla; ma mi dominai. Le volevo troppo bene; e poi, mi faceva tanta pena quel visino bagnato di pianto! Essa doveva essere felice, a qualunque costo, non è vero? Che importava che i miei sogni fossero distrutti d'un colpo, che importava ch'io mi trovassi di nuovo solo, abbandonato, con l'animo pieno di dolore? Purchè lei vivesse, purchè fosse felice! "Sei sicura d'amarlo?", le chiesi. Abbassò la testolina susurrando: "Oh, sì!". "E tu sposalo!", urlai. Poi fuggii all'impazzata per le strade. Lo credete?
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Antonio Antonio
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