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      Diede in una risata stridula, poi s'accasciò di nuovo nell'ombra.
      Baciai la povera morticina sulla fronte ghiacciata, poi m'avvicinai al maestro e lo scossi.
      - Su, su, don Antonio; non vi abbattete così. Non è colpa vostra, dopo tutto!
      Mi fissò con occhi stralunati e si drizzò con l'ampio corpo.
      - Avete ragione, disse; è il destino!
      Lo trascinai quasi a forza fuori di quella casa. Quando fu in istrada, mi strinse per un braccio e borbottò:
      - Bisogna che mi rimetta. C'è ricevimento domani sera in casa Guicci, e m'hanno invitato a suonare.
     
     
     *

      * *
     
      Durante tutto il giorno seguente non potei trovare il maestro Pèpere nè alla pensione nè in casa. L'inquietudine sulla sorte del mio amico m'indusse a recarmi al ricevimento della Guicci. In poche parole misi al corrente dell'accaduto la brava signora e la informai della risoluzione del maestro di venire a suonare nelle sue sale.
      Quando don Antonio entrò, notai che aveva il viso più infiammato del solito.
      - Forse ha bevuto per distrarsi, mormorai alla mia vicina.
      Egli camminava lentamente fra mezzo agli invitati, rispondendo con un sorriso ai saluti. Si diresse verso noi due e venne a stringere gaiamente la mano della signora Guicci.
      Poi si avviò al pianoforte, sedette, cominciò a suonare. Sotto il tocco febbrile delle sue dita si sprigionò una strana musica, piena di dolcezza e di malinconia. Quanti si trovavano nella sala sentirono scorrere per il corpo i brividi di un'angoscia misteriosa, poichè ignoravano la disgrazia del maestro.


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Ombre di Lanterna
di Pierangelo Baratono
1909 pagine 254

   





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