Diede in una risata stridula, poi s'accasciò di nuovo nell'ombra.
Baciai la povera morticina sulla fronte ghiacciata, poi m'avvicinai al maestro e lo scossi.
- Su, su, don Antonio; non vi abbattete così. Non è colpa vostra, dopo tutto!
Mi fissò con occhi stralunati e si drizzò con l'ampio corpo.
- Avete ragione, disse; è il destino!
Lo trascinai quasi a forza fuori di quella casa. Quando fu in istrada, mi strinse per un braccio e borbottò:
- Bisogna che mi rimetta. C'è ricevimento domani sera in casa Guicci, e m'hanno invitato a suonare.
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Durante tutto il giorno seguente non potei trovare il maestro Pèpere nè alla pensione nè in casa. L'inquietudine sulla sorte del mio amico m'indusse a recarmi al ricevimento della Guicci. In poche parole misi al corrente dell'accaduto la brava signora e la informai della risoluzione del maestro di venire a suonare nelle sue sale.
Quando don Antonio entrò, notai che aveva il viso più infiammato del solito.
- Forse ha bevuto per distrarsi, mormorai alla mia vicina.
Egli camminava lentamente fra mezzo agli invitati, rispondendo con un sorriso ai saluti. Si diresse verso noi due e venne a stringere gaiamente la mano della signora Guicci.
Poi si avviò al pianoforte, sedette, cominciò a suonare. Sotto il tocco febbrile delle sue dita si sprigionò una strana musica, piena di dolcezza e di malinconia. Quanti si trovavano nella sala sentirono scorrere per il corpo i brividi di un'angoscia misteriosa, poichè ignoravano la disgrazia del maestro.
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