Qualcuno, perfino, osò riferire le chiacchiere a Re Torbido. Il vagabondo fissò col suo sguardo torvo chi gliene accennava; poi, volse le spalle fischiando.
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La vigilia di Natale, a sera, Arviò vide passare rapidamente il suo amico innanzi al negozio. Gli urlò dietro:
- Dove vai? Fermati! Devo parlarti!
Il vagabondo rifece la strada a malincuore. Quando fu vicino ad Arviò, questo lo prese per un braccio e lo spinse nella bottega, quasi a forza; poi chiuse le imposte e sprangò l'uscio.
- Che significa la commedia?, chiese Re Torbido.
Ma l'altro lo guardò, stralunato, mormorando:
- Siedi. Lì c'è dell'acquavite. Bevine.
- Che vuoi da me?, rincalzò il vagabondo.
- Avevo da parlarti, ti dico. E giacchè mia moglie è fuori, meglio questa sera che domani.
Passeggiò nervosamente su e giù per la stanza; poi si fermò innanzi alla tavola, afferrò la bottiglia dell'acquavite e bevette un gran sorso.
Re Torbido, seduto tranquillamente, con le gambe a cavalcioni, le mani strette alle ginocchia e il petto appoggiato alla spalliera della sedia, accompagnava con uno sguardo sprezzante i movimenti dell'amico.
Arviò non si risolveva a parlare, ma continuava a passare su e giù innanzi al vagabondo, fermandosi solo di quando in quando per bere. Infine, si lasciò cadere sopra una panca e rivolse il volto verso l'altro. Re Torbido sbadigliava.
- Sai, amico?, suonò ad un tratto la voce di Arviò.
A quell'urlo il vagabondo si riscosse, e, tolte le mani dalle ginocchia, le strinse alla spalliera della sedia, posando il mento sovr'esse.
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