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      Gli occhi velati dell'erbivendolo erano, adesso, lucidi e vivi, le sue mani avevano un tremito di febbre. Egli gridava, con uno spasimo nella voce, ansimando:
      - Vuoi portarmi via Grazietta; non negare, non negare!
      Re Torbido rise selvaggiamente, poi si volse a furia, a rispondere:
      - Che t'importa? Faccio quel che mi pare. Tua moglie mi ama. E poi?
      - Tu lo dici! Ma io non voglio, capisci? È mia moglie, dopo tutto! La ho presa con me, per tenermela, e per sempre!
      - Bada Arviò; tu dici una sciocchezza. Il "per sempre" è un di più. Se vuol venire con me, che c'entri?
      - Me la vuoi rubare, dunque?
      - Abbiam rubato tante volte in due!
      - Perchè? Perchè? Vuol andarsene? Non sta bene, qui? La ho sempre tenuta come una santa!
      - Capricci di donna. Glie l'ho detto anch'io. Farai della fame con me; resta con tuo marito! Ma chè! Vuol fuggire!
      Si strinse nelle spalle; poi, concluse:
      - Siccome la amo anch'io, faccio quanto essa vuole. Ti accomoda?
      Arviò si era alzato, minaccioso:
      - No, non mi accomoda. E tanto meno da parte tua. Ti ho nascosto in casa mia per proteggerti da tuo padre, ricordi? Ti ho ricoverato, nutrito per tanto tempo! Ti ho risparmiata anche la prigione! E questa la tua riconoscenza? Cosi mi ricompensi?
      Il volto di Re Torbido era divenuto spaventoso. Un furore bestiale sconvolgeva i lineamenti vigorosi e un bagliore d'inferno divorava quegli occhi, scintillanti fra mezzo allo spiovere dei capelli.
      - Ah! E così? È così?, ghignò. Tu mi rinfacci il passato? Ma se ho accettato qualche cosa da te, si era perchè tu offrivi da amico, non da padrone.


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Ombre di Lanterna
di Pierangelo Baratono
1909 pagine 254

   





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