Rimase immobile, per qualche istante, volgendo rapidamente lo sguardo intorno, sull'assemblea e sul monarca.
Poi, alzò le braccia e lasciò sfuggire dalle labbra una risata stridula e spaventosa. Tutti, intorno a lui, ammutolirono spauriti. Pietro Martino s'avanzò verso il re e, tenendosi ritto a lui innanzi, cominciò a parlare con voce acuta:
- Quale, quale festa, mio re? Forse quella, che preannuncia la fine tua e di quanti sono qui adunati? Volete forse, signori, imitare i corvi e gracchiare di gioia sulle tombe, che, domani, saranno le vostre? Chi si attende, qui? Forse qualche trionfatore di immaginari nemici o di vergini già sedotte o qualche saggio, che abbia trovata una ragione alla sua miserevole vita e voglia strombazzarla al mondo come una ricetta infallibile contro ogni male? Commedia! Commedia! Io vi conosco a fondo, voi tutti, quanti siete qui dentro, mentre voi non conoscete me, Pietro Martino, che vi sto innanzi come giudice.
S'avvicinò a balzi a un gruppo di donzelle e continuò, smaniando con le magre braccia:
- Conosco voi, mie fanciulle, e so i vostri desideri e le vostre piccole anime di bambine, malate di libidine. Da quanto tempo il drudo ha lasciato il vostro letto, caldo del suo corpo, e le vostre braccia, muscolose soltanto se incrociate, nell'atto d'amore, sul collo di un robusto cozzone?
- E anche voi conosco, si rivolse ai cortigiani, uomini formati di cera e di paglia, che ogni mattina modificate con le dita intiepidite l'espressione dei volti e ogni sera asciugate al fuoco le umide festuche, delle quali siete ingombri.
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Martino Pietro Martino Pietro
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