Mi può chiamare "signor poeta Ciccillo"!
Un giorno s'imbattè in uno scrittore famoso, capitato per caso nella città. Nell'autopresentazione seppe mantenersi geniale e semplice a un tempo. Disse:
- Io sono Ciccillo.
- Bravo! Bravo! Tanto piacere!, rispose l'altro, facendo atto di allontanarsi. Ma il nostro eroe lo prevenne lanciandogli in pieno viso, come una doccia fredda, questa frase:
- Lo sa che Carducci ha dovuto confessare che i miei sonetti valgono i suoi?
L'altro sgranò gli occhi:
- Davvero? Tanto, tanto piacere!
Quell'omettino, che portava il peso della schiena con tanta dignità sulle fragili gambette, cominciava ad interessare il grand'uomo. Si avviarono per i portici, discorrendo. Ciccillo raccontava, agitando nervosamente la mazzetta di giunco, le piccinerie dei nemici e l'odissea del proprio genio.
- Pastonchi, perfino Pastonchi, concluse, ha bersagliata la mia anima di sonetti anonimi. E con versi discreti, bisogna confessarlo!
Prima di accomiatarsi, Ciccillo depose nelle mani dell'illustre autore un foglio di carta protocollo, sul quale correvano, come vermicelli, degli scarabocchi d'inchiostro.
- Li legga!, borbottò: Fra colleghi una buona parola val molto!
Due ore dopo Ciccillo trovò di nuovo il grande poeta, che, con un pacchetto sotto il braccio, camminava frettoloso.
- Parto fra poco, gli disse costui. Venga con me alla stazione.
Entrarono insieme nel caffè, aspettando il treno. L'illustre personaggio ordinò da bere, poi sciolse l'involto.
- Posso offrirle? È uno spuntino, ch'io faccio quasi sempre prima di pormi in viaggio.
| |
Ciccillo Ciccillo Carducci Pastonchi Ciccillo Fra Ciccillo Ciccillo
|