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      Fatina, anch'essa, si alza e si appoggia a una spalla del giovane.
      - Non ti arrabbiare. Un giorno o l'altro, doveva succedere. Me ne vado, vo a vivere in una città grande.
      - Chi ti obbliga? Non sei felice, qui? Che ti manca? Forse non vuoi più saperne della mia compagnia?
      - No, no; non è questo. Bisogna che parta con la mamma. Anche a me rincresce molto, ti giuro. Chi sa? Ci potremo rivedere fra qualche tempo!
      - No, non voglio. Chi è la tua mamma, che ti ruba a me? Perchè ti sacrifica?
      - Sciocchino! Chi ti dice che si tratti di un sacrificio per me? Tu non sei mai stato laggiù, in città. Non sai quante feste, quanti balli si danno? E poi, ci sono i teatri e le passeggiate e i bei giovanotti, che adocchiano.
      Oh, quale lampo di gelosia selvaggia passa negli occhi dell'adolescente robusto!
      Anche Fatina ne è spaventata e abbassa ì suoi, mormorando:
      - Scherzavo, credi! Volevo sentire che avresti detto.
      - No, non scherzavi! L'hai dichiarato con troppa franchezza! Dunque, io sono un bamboccio qualsiasi, che si rinnega quando ne capitano altri migliori?
      - Ti giuro!
      - Non giurare. Ascoltami, piuttosto: ora, debbo dirti ogni cosa. Non mi comprenderai, forse. Sei ancora tanto bambina! Ma ho bisogno di sfogarmi, di aprire il mio cuore. Vedi: ti amavo come amica. Adesso, ti amo come donna. Vorrei coprirti di baci e magari batterti, capisci? Sei nel mio sangue, adesso! Non te ne andrai. Parlerò io a tua madre, le dirò come stanno le cose, le dirò che voglio sposarti, che ti considero già come mia, per sempre.


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Ombre di Lanterna
di Pierangelo Baratono
1909 pagine 254

   





Fatina