- Ah! Per questo non parlavi di...
- Bada! È mia madre!
Si piegò sul terreno, accasciata.
Il silenzio pesò per qualche minuto sulle due adolescenze. La visione di una vita, che non conosceva, e la tortura del sogno spezzato opprimevano il giovane e gli davan la febbre.
Fu lui il primo a parlare:
- Mi ami?, chiese.
- Sì, tanto!, rispose lei rapida; ma è un sacrilegio!
- Questa sera non tornerai a casa, non tornerai a casa mai più.
- Che dici?
- Sì. Le acque purificano tutto. Ci sposeremo nel torrente; vuoi?
Essa lo guardava, stupita. Un'espressione di terrore alterò i suoi lineamenti. Ripetè balbettando:
- Che dici?
- Saremo gli sposi del torrente. Vieni.
Le strinse con un braccio i fianchi. Ma essa si divincolò, con gli occhi smarriti, urlando:
- No, no, ho paura! Voglio vivere! Amo tanto la vita!
La stretta di quel braccio si rallentò. Una pietà sprezzante, poi un odio selvaggio, poi la disperazione si dipinsero sul volto del giovane. Volse un ultimo sguardo alla fanciulla, abbattuta sul suolo: poi si allontanò rapidamente, con le mani contratte fra i capelli e la bocca straziata da un grido di angoscia.
La sera sorprese Fatina ancora accasciata sulla ripa, accanto al torrente torbido e impetuoso. Il singhiozzo, che veniva di tempo in tempo a scuoterle il petto, e un movimento incosciente e convulso delle mani rivelavano, soli, in quella creatura la vita. I lunghi capelli sparpagliati sul terreno, diffusi intorno al pallido viso, parevano una gran pioggia di pianto.
Il ponte d'oro
Correvo, urlando la mia angoscia fra le pareti di quella galleria, densa di tenebre.
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Fatina
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