Truciolino, sicura contro qualunque sorpresa, non aveva neanche chiuso col chiavistello quell'uscio. Il povero fidanzato aspettò un quarto d'ora; poi, armatosi di coraggio, schiuse lentamente la porta fatale e si insinuò nella camera. Dapprima, al lume di una candela, che ardeva sovra il cassettone, vide il letto, bianco, e sul guanciale il viso di un bel giovanottino bruno, con le guance accese e gli occhi scintillanti. Poi, distinse, a fianco del capezzale, Truciolino ripiegata su sè stessa, come se pregasse.
Urlò:
- Infame!
Al grido la ragazza si drizzò, meravigliata; ma riacquistò subito il sangue freddo.
- Sei tu, Momolo?, disse; capiti a tempo. Questo povero tenente ha un accesso di febbre; devo vegliarlo io, perchè d'altri non si fida. Mi terrai compagnia.
Il tenente aveva una smorfia diabolica sul viso; pareva che ridesse.
Ma sì! Il delirio!
Truciolino continuò:
- Sai; potresti renderti ancor più utile recandoti a cercare un po' di ghiaccio. Io non posso lasciarlo.
Momolo, commosso, s'affrettò a ubbidire. Nel passare la porta udì dietro di sè un rumore soffocato, come di rantolo o di sghignazzata. Ma non si rivolse neanche. Pensò: Pover'uomo! È la febbre!
Per due o tre giorni non si saziò di lodare il buon cuore della sua fidanzatina. Che stupidi quelli, che gliene avevano detto male, e che canaglie' Una ragazza così compassionevole! Bisognava conoscerla, avvicinarla! Ma l'avrebbe fatta conoscere lui: avrebbero potuto tutti toccare con mano chi fosse Truciolino!
Qualche sera dopo, entrando all'improvviso in una sala dell'albergo, sorprese la ragazza mentre si faceva baciare da un giovanotto biondo, il dottore.
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