Ma già varie volte nella vita mi si era presentata e avea tentato di signoreggiarmi una speranza di quiete, di riposo, di assoluta rinuncia al nostro ansare per una mèta, che mai si raggiunge perfettamente. Ed ora, in questa città, ove pare abbia posta la sua sede il dio della pace, la tentazione ha avuto il sopravvento su di me e mi ha allacciato nelle sue spire tenaci.
Ho risoluto, lasciato dietro di me ogni ricordo di ciò che fui, ogni dolce sogno per ciò, che potevo divenire, di terminare la mia giovinezza in un chiostro. D'ora innanzi le preghiere saranno unico sfogo al mio sentimento, e le lagrime, non più provocate dalle ingiurie degli uomini, unico ristoro all'affanno. Io temo solo che la monotonia della celletta non induca il pensiero a ricercare uno svago nel fantasticare continuo di una volta e non lo ecciti a sviarsi dalle meditazioni del penitente per seguire ancora le immagini piacevoli di un mondo ideale. Tenterò, tuttavia, di costringere questo mio libero cervello allo studio assiduo e profondo dei Padri, affinchè non abbia il tempo di lasciarsi sopraffare dalla sua natura fantastica. E se sentirò vicino il momento di una lotta tra il volere e l'idea, pregherò il grande simbolo della semplicità, la croce nera aperta sempre all'amplesso degli infelici, di proteggere con la sua ombra il mio cuore.
Per ora le amarezze sono fuggite dal mio pensiero; una, una sola rimane: quella, che tu mi desti quando, sedotto forse da voci estranee ed avverse, accusasti me, tuo amicissimo, di averti ingannato, di averti voluto rendere lo zimbello del mio orgoglio e della mia ambizione.
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Padri
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