Nel seno di ciascun individuo, nelle più riposte fibre di ogni cervello, si agita un mostro dall'aspetto seducente, una corda armonica, che vibra alla più piccola oscillazione dell'aria e porta un sigillo d'oro, sul quale è scritto: Amor proprio. Un mastodontico elefante, che schiacci col largo piede un minuscolo intelligentissimo gatto, non opera diversamente dalla società che grida in faccia all'uomo di genio: Io ti sto innanzi. Quanti esseri di forte ingegno, ma di debole volontà, sono stati annientati dall'orgoglio di chi li circondava!
Il genio non può essere ammesso, come fenomeno attuale, dagli uomini. Lo pensano come un ideale tramontato e non si accorgono di averlo accanto e passano indifferenti o sprezzanti innanzi alle creature, che un giorno i loro figli dovranno adorare.
Orvia, bando alle chimere. Piuttosto, ascolta quanto ti ho celato fin'ora, il segreto dell'arte e della vita mia; e poi giudicami liberamente, senza scrupoli d'amicizia o di commiserazione. Mi hai sempre conosciuto di temperamento melanconico, a volte morbosamente allegro, più spesso irritato, più di sovente ancora abbattuto e silenzioso. Portavo nell'anima il germe di una malattia, che nessuno poteva sospettare: la sete imperiosa, invincibile di amore. Quanto ho fatto nella vita, l'ho compiuto sotto il pungolo di un desiderio infinito; nel mio cuore, nel cervello, nel sangue portavo un tesoro enorme di affetti e non potevo liberarmene. Mi pesava come un castigo e come un destino. L'amicizia tua non bastava alla mia anima.
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Amor
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