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      Infine, ottenni il permesso.
      Appena mi scorse, Miserere scoppiò in un pianto dirotto. Aveva il viso livido e gli occhi luccicanti di febbre.
      - Che hai fatto, Giorgio?, gli chiesi tremando.
      - Non parlarmi; lasciami piangere. Più tardi ti dirò tutto, come ad un confessore.
      Rispettai il suo dolore e piansi con lui. Non mi ero mai, sino ad allora, imbattuto in un'angoscia così tormentosa. Le lagrime uscivano abbondanti dagli occhi del mio amico e i singhiozzi gli scuotevano incessanti il petto, quasi volessero aprirsi un varco attraverso il fragile involucro. Quando lo vidi più calmo, gli presi le mani scottanti fra le mie, mormorando:
      - Giorgio, non voglio saper nulla. Il tuo dolore mi dice che sei stato lo strumento della fatalità.
      -No, no; devi sapere ogni cosa. Non potrei sopportare più a lungo questo segreto. Gli altri non mi crederebbero; ma tu, che mi conosci da tanto tempo, porrai fede nelle mie parole. Sono un omicida, è vero; ma, commettendo il delitto, ho ucciso anche me stesso. L'amavo tanto, la mia povera Anna! Era per me l'unica gioia, era la mia vita, la mia salvezza. Il destino ha voluto ch'io stesso divenissi lo strumento della sua e della mia morte. Perchè? Che cosa avevo fatto di male per finire così miseramente?
      Si asciugò gli occhi e continuò con voce interrotta dai singhiozzi:
      - Ricordi le mie confessioni di gioventù? Ti parlavo dell'orribile malattia, che mi perseguitava, dell'incubo continuo dei sogni. Avevo creduto di trovare la salvezza in Anna, nella mia adorata.


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Ombre di Lanterna
di Pierangelo Baratono
1909 pagine 254

   





Miserere Giorgio Anna Anna