Nelle mie orecchie sentivo continuamente risuonare una voce aspra e incalzante, che urlava: Uccidila! Uccidila! Guarda rosso! Per togliermi all'orribile fascino dell'allucinazione, stabilii di lasciare mia moglie per qualche tempo. Le parlai del mio progetto, senza spiegarne le cause, e ottenni facilmente l'assenso. La mia povera Anna sperava, anch'essa, che un breve viaggio mi avrebbe ridonata la calma, turbata, secondo le sue congetture, da una recrudescenza della mia antica malattia di nervi. Dovevo partire il domani, per tempo. Perciò mi coricai di buon'ora, dopo essermi rasa accuratamente la barba e dopo aver riempita una valigia con gli oggetti di vestiario indispensabili per il viaggio. Dapprima, dormii profondamente. Ma, di colpo, sentii uno spasimo per le membra. Un peso venne a gravarmi sul petto, la voce suonò alle mie orecchie, più minacciosa del solito. Ero sveglio o addormentato? Non so; ricordo solo che mi sentivo la testa assordata da colpi e i polmoni soffocati dalla stretta di una mano enorme. L'urlo acuto, straziante, intollerabile mi riempì il cranio: Uccidila! Uccidila! Mi drizzai sulle ginocchia; avevo gli occhi e la bocca arsi da fiamme. Al chiarore di un lume da notte distinsi il corpo di Anna
, che le coperte modellavano. Essa dormiva tranquilla, con la gola bianchissima scoperta al mio sguardo. Qualcosa brillava sul tavolino, accanto al letto: un rasoio. Lo afferrai tremando. In quel momento un ultimo barlume di ragione mi irrigidì nell'orribile posa.
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Uccidila Anna Uccidila Anna Uccidila Uccidila
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