Io sono il prode cavaliere Bajardo, uomo senza macchia, se ne togli quelle, che le abitudini del campo hanno deposte sovra i miei abiti. Tu non oseresti fulminare il dio della guerra, nè potresti mirare imperterrito la mia fine, poichè ben sai che senza di me nulla varresti tu stesso nel mondo. Chi ha difeso i tuoi unti, i monarchi della terra; chi ha prestato il braccio ai tuoi sacerdoti; chi odia più di me i sapienti, i ribelli e i poeti? Non sono io il re della terra, come tu sei il re dei cieli? Non sono io Bajardo e Turenna e Montecuccoli? Non risiedono nella mia mano di ferro i destini della società? Prova a smuovermi. Insieme a me crollerebbero tutte le antiche istituzioni e il mondo commosso tremerebbe nelle sue viscere.
- Prode cavaliere, principe della distruzione, così gli rispose il vecchio; noi conosciamo i tuoi meriti e ci guarderemmo dal menomarli. Hai tu lagnanze da esporre? Gli uomini ti apprezzano e ti servono secondo i tuoi desideri?
- Buon padre, essi mi amavano un tempo e ancora adesso mi rispettano per timore. Ma lingue velenose tentano d'annientare la mia riputazione e vanno predicando che la pace è preferibile alla guerra e che il benessere risiede nell'amore e nella concordia e in altre panzane da bambini.
- Orvia, puniremo i ribelli. Qualcuno chiede ancora la parola? Si avanzino i malcontenti e coloro, che temono la mia folgore.
Un ometto inchinò il corpo tondo e untuoso, poi cacciò fuori una voce stridula come il canto di una cicala:
- Signore, risplendo io abbastanza?
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Bajardo Bajardo Turenna Montecuccoli
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