Cercai di allungar dolcemente una mano a una lieve carezza. Le mie dita sfiorarono quella pelle liscia senza che la bestiolina facesse il minimo atto di fuga. Reso più ardito, volli afferrare il corpicciuolo, che si sottrasse rapidamente alla mia stretta, senza, però, allontanarsi.
- Orvia, gli dissi, quasi dimentico della mia umana condizione e dell'impossibilità di una conversazione tra noi, orvia, non t'accorgi ch'io sono disgraziato al pari di te? Il nostro destino è uguale, poichè costringe te a un rifugio sicuro contro le unghiate di un gatto e me a un soggiorno monotono sotto la pressione ferrea di una legge inumana.
- E chi ti dice, povero prigioniero, ch'io non sia ancor più infelice di te, che, almeno, nella solitudine vedi soltanto il tuo dolore e di quello ti abbeveri?; così mi rispose a un tratto il topo con voce chiara e squillante, mentr'io, attonito e più ancora spaurito, contemplavo con profondo terrore quell'essere, che poco prima era stato per me oggetto di speranza.
- Certo, se tu fossi uno dei soliti arroganti uomini, che bestemmiano e agiscono come bruti, non mi fermerei a discorrere teco, ma ti sfuggirei come nemico più pericoloso dello stesso gatto, che or ora m'inseguiva. Ma ho visto le tue guance ancora bagnate di lacrime, i tuoi occhi annebbiati da una profonda mestizia ed ho voluto apportarti quel poco conforto, del quale io son capace. Da molto tempo abito in questa triste prigione; ormai, ne conosco ogni recesso e ogni abitatore. Non conoscevo ancora te, poichè da un pezzo la mia età piuttosto avanzata mi impediva di salire qui in alto, ove tu abiti.
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