Oggi il destino e un malefico gatto mi han dato agio di farmi un nuovo amico, se pure tu permetti a un vecchio solitario di chiamare con tal nome un giovane addolorato. Se vorrai, ti terrò buona compagnia sino a questa sera alle nove, ora nella quale devo alleviare le angosce di un altro prigioniero, più vecchio e più di te bisognoso di conforto.
Mi ero un poco rimesso dal mio stupore; perciò potei ringraziarlo cortesemente, affrettandomi ad accettare la sua lusinghiera offerta. Spinsi la gentilezza sino ad offrire al mio nuovo amico l'unica sedia della stanza; ma quello, senza badarmi, dopo essersi arrampicato sul tavolaccio al mio fianco, continuò il suo discorso.
*
* *
- Mio povero ragazzo, credo al tuo dolore, perchè credo al dolore di quanti prigionieri ho visti fin'ora. S'io fossi uomo tremerei all'atto di pronunciare una sentenza di condanna. Come possono gli esseri misteriosi e terribili, che si chiamano giudici e solo perchè vestiti a lutto non indietreggiano innanzi all'idea della morte, come possono condannare un loro simile, un uomo, dotato di forza e di intelligenza al pari di loro, alla solitudine e al tormento del carcere? Quanti fra i miei vecchi amici delle prigioni ho visti morire maledicendo e quanti, più spaventosi ancora, ho assistiti nell'ora ultima: ed essi rimanevano muti, gli occhi aperti sul vuoto, le labbra convulsamente serrate. Il peso di tante esistenze dovrebbe accasciare coloro, che giudicano e pensano di colpire il delitto nell'uomo.
| |
|