I fischi della vaporiera raddoppiarono, il convoglio entrò in stazione fra strepito di ferramenti e sbuffi ampi di fumo. I due, d'un balzo, furono alla porta coi loro fardelli, l'aprirono, passarono innanzi al guarda-sala. Il compagno li raggiunse. Cercò di parlare, non potè. Poi si ficcarono tutti in un vagone. Il guarda-sala diede uno sguardo distratto per la sala d'aspetto, non vide nulla e si ritirò.
Il treno ripartì con fragore, si allontanò per la campagna.
Nella sala d'aspetto il cadavere del vecchio, rovesciato sopra un fianco, si scorgeva a malapena nell'ombra col gran cranio calvo e con la bianchezza dei denti lasciati allo scoperto da un'orribile smorfia della bocca. Più non si udiva nel silenzio notturno se non il lento e ritmico gocciare del sangue sul pavimento.
L'uomo doppio
Oggi è venuta a trovarmi la mia amica Stefania. S'è dimostrata molto espansiva con me, benchè sembrasse più nervosa del solito. Il nostro dialogo s'è aggirato dapprima sull'ultimo ballo di corte; poi il discorso è caduto su Pietro Mercovich. Allora essa ha cominciato a sospirare, guardandomi con certi occhi stralunati, che m'han fatta ridere, ed ha avvicinata la bocca al mio orecchio per susurrarmi delle cose terribili sul conto del mio fidanzato. Mi ha fatto intendere che Pietro Mercovich è un pazzo, al quale sarebbe imperdonabile imprudenza affidare la propria vita, e m'ha riferite l'una dopo l'altra tutte le voci che corrono sul mio diletto, rafforzandole con aneddoti e con le opinioni delle persone più autorevoli a Corte.
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