Oh, se almeno con la felicità si fosse involato anche il ricordo! Ho la testa infuocata, i nervi tesi dallo spasimo, gli occhi appesantiti e torbidi per le lagrime, ch'hanno versate. Se mio padre sapesse ciò ch'è accaduto! Se gli uomini potessero supporlo! Ma chi riuscirebbe ad immaginare una verità così spaventosa, un'angoscia così profonda? Leone Varinski! Pietro Mercovich! Come dimenticare! Che cosa ho commesso di male per soffrir tanto?
Poche ore or sono il pittore è venuto in casa nostra. In assenza di mio padre ho dovuto riceverlo io stessa. Si è presentato col suo sorriso antipatico e m'ha stretta la mano con calore; poi s'è seduto al mio fianco. La sua voce grossa produceva un'irritazione in tutti i miei nervi. L'ho lasciato discorrere finchè ha voluto, tenendo gli occhi bassi per non vedere il suo volto pletorico e lo sguardo sfacciato. Leone Varinski s'è sorpreso del mio silenzio e l'ha interpretato, certo, come un segno di timidezza, poichè ha subito preso un atteggiamento spavaldo ed ha cominciato a bersagliarmi di complimenti. Ho voluto interromperlo; ma egli m'ha presa a forza una mano fra le sue e m'ha dichiarato tranquillamente che m'amava e che sarebbe stato felice di dividere l'esistenza con me.
- Tronchi ogni legame con quel povero Pietro Mercovich, m'ha detto; è un bravo ragazzo, ma indegno di lei. Per lei occorre un uomo allegro ed amabile, che non annoi e col quale si possa discorrere senza tema d'offenderne la dignità. Vivere al fianco di Pietro Mercovich sarebbe come accudire una mummia.
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