Alle sue rimostranze ho risposto con una pronta azione e, per applicare su di lei il mio metodo sperimentale, l'ho obbligata a ficcarsi tra le lenzuola. (Essa di solito veglia fino alle due o alle tre dopo mezzanotte.) Ne ho riportate varie lesioni e l'asportazione di un orecchio. Per fortuna, il timpano è salvo.
Il sogno del macchinista
Quella sera egli entrò nella grande stazione ferroviaria con l'animo scosso dall'inquietudine e dal tormento dell'avvenire. Passò frettoloso fra mezzo al brulichio dei viaggiatori, scansando distrattamente i carretti carichi di merci e non porgendo orecchio alle urla dei facchini, al vocìo dei saluti scambiati sui predellini e lungo la nera linea dei treni ed ai fischi prolungati ed acuti delle macchine.
Un uomo lo fermò ruvidamente sul marciapiedi. Egli si scosse un poco, riconobbe il compagno fuochista, gli strinse la mano.
- Vieni con me, disse quello. Manca mezz'ora alla partenza. Avremo tempo di bere insieme.
- No, no; volle protestare.
- Perchè? È la mia festa, oggi: è San Giovanni; vieni, vieni.
Pareva già esaltato dal vino. Aveva la faccia rossa e gli occhi luccicanti; sul visetto magro e spelato, tutto punte, portava diffusa una strana espressione di belva contenta.
- Se tu sapessi! ribattè l'invitato. Domani troverò in casa il sequestro. Quella canaglia di padrone non vuol più aspettare. E il fornaio, e l'oste! Ma verrò lo stesso, per farti piacere.
- Sì, vieni. Non bisogna pensare a melanconie. Ne abbiamo tante, se volessimo, tutti!
Si avviarono tenendosi per la mano, il macchinista alto e grosso, con le spalle quadrate e il volto invaso dalla barba nera: l'altro piccolo, irrequieto, con gli occhi maligni, che scrutavano intorno.
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San Giovanni
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