Pensai ch'egli fosse molto ricco, un negoziante probabilmente. Aveva trovata quella ragazza in qualche povera famiglia decaduta, si era incapricciato e l'aveva fatta sua con la forza del denaro.
Immaginavo l'angoscia della fragile creaturina, che si sapeva venduta come una qualsiasi mercanzia ad un uomo così volgarmente grossolano. Li vedevo entrambi nella loro prima notte di nozze, lei piangente, spaurita come una bambina, lui brutale, avido di godere quella verginità deliziosa, di stringere sul suo petto in un abbraccio feroce quel corpicino di santa. Mi sembrava che le braccia pelose dell'uomo, in quel momento, avessero dovuto somigliare alle zampe lunghe e irte di peli di un enorme ragno. Quale tela è pìù vischiosa e più tenace del denaro?
Egli, il bruto ricco, con la sua pancia lucida e gonfia, aveva attesa la preda pazientemente, l'aveva sentita dar di capo nella sua trama, dibattersi disperatamente nei fili argentei, ed era accorso subito, con la bocca bavosa, a coprire con le sue membra ributtanti quelle delicate e bianche della povera mosca. E in seguito? Uno strazio per il contatto continuo, l'impossibilità di sfuggire alla disaggradevole comunanza di vita, di scansare le parole lubricamente dolci, mormorate in letto dalle labbra ingombre dai baffi, di sottrarsi a quei baci forti e golosi, che dovevano produrle l'effetto di ventose avide di sangue. Tutto ciò io pensavo con orrore e ricordavo la frase di un'altra mosca, da me conosciuta qualche tempo prima, che mi aveva confessato ogni amplesso del marito sembrarle uno stupro.
| |
|