Povera mosca! Ma chi era, dunque, il ragno fra i due?
La confessione del re
È notte. Per le strade monotone di Londra, ove la folta nebbia grava a guisa di umido tendone avvolgendo nel suo minuto pulviscolo le case nere e melanconiche, non suona più alcun passo d'uomo nè s'ode voce elevarsi a rompere il gravoso silenzio.
Nella taverna di mastro Pill non si scorge più nessun avventore. Soltanto, dietro il banco, si distingue al chiarore di una grossa lucerna a olio il vecchio padrone col suo tranquillo profilo di uomo pingue e col volto, un po' sonnacchioso, curvo sopra uno scartafaccio a leggervi non so quali diavolerie di cifre e arabeschi. Sul banco sporco e ingombro di tazze, accoccolato e con gli occhi chiusi, si tiene il grosso gatto di casa, il sibarita Poll, lo spirito benigno del luogo: una magnifica bestia dal pelo lungo e morbido, listato di bianco e grigio, e dal muso tutto bianco come un batufolo di cotone, tranne per una macchia scura intorno all'occhio sinistro.
Alla solida porta di quercia della taverna s'ode un picchio sonoro. Poll balza sulle zampette, spalancando gli occhioni fosforescenti e allungando il muso verso l'entrata. Quanto a Pill, più tranquillo per carattere e per abitudini, si contentò di alzare il volto e di chiedere:
- Chi è là!
- Apri, Pill, mio piccolo buon vecchio Pill!; suonò una voce un po' tremolante, alla quale seguì subito un'altra recisa e brutale:
- Apri, è il re!
D'un salto il taverniere fu alla porta, la spalancò inchinandosi verso l'ombra per quanto lo permetteva la sua corpulenza.
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