Qualche lagrima scorreva sulle sue grasse guance, subito asciugata dal dorso di una mano tremante. Rimasti soli, il re e Armerer si guardarono in volto. Il re vuotò ancora un boccale, poi lanciò con mano ferma il recipiente contro una parete. I pezzi di coccio ricaddero sui tre dormienti, che non si mossero.
- Orvia, basta!; borbottò.
Si alzò barcollando e a tentennoni andò ad appoggiarsi al banco. Armerer si drizzò anch'esso, dopo qualche vano tentativo. I due uomini si trovavano l'uno di fronte all'altro: il viso del re era sempre arrossato come da una vampa di fuoco, quello di Armerer terribilmente bianco.
- Armerer, amor mio, borbottò il re, sii gentile; svelami il nome della bella misteriosa, che ti rende in questi giorni melanconico e seccante.
Armerer chinò il volto senza rispondere.
-- Non vuoi?, continuò il re. Ti darò io l'esempio della schiettezza, ti confesserò tutte le mie debolezze passate, presenti e fors'anche le future. E spero che vorrai imitarmi.
Stese le braccia innanzi, attirò a sè il compagno e lo baciò a lungo sul volto; poi s'inginocchiò ai suoi piedi, lentamente.
- Sarai il mio prete e mi darai anche l'assoluzione.
Alzò il capo verso Armerer, tenendosi ai suoi fianchi con le mani, poi cominciò a far suonare la taverna delle sue strane confessioni, balbettando, irritandosi, sorridendo talvolta ai ricordi, tal'altra versando copiose lagrime. Uscivano dalla sua bocca i nomi più diversi, nomi di popolane e di gentildonne, di principesse e di sgualdrine. Le aveva amate tutte, a suo tempo, una dopo l'altra.
| |
Armerer Armerer Armerer Armerer
|