Aveva per ciascuna un nomignolo, un episodio nel quale condensava il suo ricordo amoroso. Le aveva anche tutte abbandonate.
Armerer, ora, si trovava anch'esso in ginocchio. Entrambi si erano reciprocamente passate le braccia intorno al collo e ridevano e piangevano insieme, mescolando le lagrime e baciandosi sulla bocca. Parlavano tutti e due, adesso, alternando le confessioni, i sospiri e le risate.
Infine, tacquero. Il silenzio venne interrotto da Armerer:
- Carluccio, narrami la tua avventura, l'ultima, quella della donna mascherata che hanno udita urlare nella tua stanza!
- E mi dirai tu, poi, lo interruppe il re, il nome della tua bella incognita?
- Te lo giuro, per la testa di mia moglie!
Il re gli avvicinò ancor più il viso al viso abbassando la voce sino a renderla quasi impercettibile.
- È una gran dama; l'ho voluta possedere. Essa si credeva forte ed ha rifiutato. Ho insistito; altro rifiuto. La ho fatta chiamare nel palazzo. Era sicura di sè; è venuta con la maschera sul volto, ma con la tranquillità nell'anima. La ho pregata, scongiurata, ho baciato i suoi piedini, che avrei voluto mordere. Rimaneva inflessibile. Allora, senti, ho chiamati due fidi, che la hanno afferrata e, malgrado la sua resistenza, spogliata e avvinta al letto. Urlava, sai, roteando gli occhi e mostrando i suoi bianchi dentini. Il suo meraviglioso corpo nudo aveva terribili fremiti. Ed io vi ho affondato le mie dita, ho palpate quelle carni elastiche e ben nutrite, ho passata la mia bocca su quel viso contratto, ho costretto quel bellissimo corpo a subire i miei abbracci.
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Armerer
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