Adesso, si sentiva padrone di sè e dei propri atti; poteva parlare, muoversi a seconda del capriccio senza incorrere nei bronci del direttore e nelle occhiate torve dei colleghi. Per pochi giorni avrebbe goduta una vita nuova, avrebbe conosciuta una città meravigliosa, ricca d'energie e consacrata dall'Arte. Nessuno si sarebbe accorto della sua umile posizione d'impiegato; forse, lo avrebbero preso per un inglese.
Si avviò per via Nazionale, un po' confuso dal frastuono insolito di carrozze e dal via vai dei passanti. Da molti mesi non c'era più abituato: nel cantuccio del mondo, ov'era il suo ufficio, regnavano soltanto la pace e la noia. Gli pesavano ancora addosso le occupazioni consuete, le piccole malignità burocratiche per qualche sua lieve infrazione all'orario, gli sbadigli nei locali polverosi, lo spreco di forze a dividere lettere o contare pacchi. Si sentiva selvatico e stanco; ma lo sosteneva il pensiero di quel breve bagno di vita vera, con la gioia di sapersi libero.
Per ora, provava il bisogno di riposarsi dal viaggio; più tardi avrebbe cominciato a visitare la Città Santa. Scantonò per una via laterale, vide un'insegna di vinaio, entrò. Avrebbe assaggiato il vino tradizionale, il vino dei Castelli, del quale aveva inteso lodi da molti. Il locale era pulito, non grande nè elegante, ingombro di tavoli massicci e di sedie. Sovr'una di queste egli si abbandonò, senza badare a chi gli stava intorno; piegò il capo fra le mani e si raccolse un poco, a pensare. Una voce di donna, dolce e tranquilla, lo destò dal sogno.
| |
Arte Nazionale Città Santa Castelli
|