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      Vi lascio vincere; dò le mie dimissioni.
     
     
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      Si svegliò con la bocca amara e un tremito di febbre pel corpo. Che era accaduto? Guardò intorno a sè, per la povera stanza, sui mobili spogli di ornamenti. Ricordava, ora; e con la memoria gli veniva un desiderio di piangere, di singhiozzare come un bambino. La sera innanzi era crollato ogni suo sogno, ogni speranza era morta. Rammentava la caduta orribile, brutale del suo dramma, in teatro, i rumori bestiali del pubblico. Perchè? Perchè? Non avevano compresa tutta l'amarezza racchiusa nel suo lavoro: erano stati inesorabili, spiando i difetti di una prima opera, accanendosi sulle inezie, perdendo di vista il concetto fondamentale, intenso di passione e di angoscia. C'era stato anche qualche tentativo di applauso; ma di chi? Provava una vaga impressione di aver visto qualche collega d'ufficio, intento a batter le mani. Dunque, c'era un'anima in quegli esseri, che pochi giorni prima lo avevano scacciato? L'immagine si annebbiò, scomparve. Rimase il dolore e con questo un altro ricordo, ancor più denso di pena. Anche il suo amore era sfumato. Il padre della fidanzata lo aveva atteso alla porta del teatro per dirgli che non pensasse più a lei, poichè ormai il matrimonio diveniva impossibile. Oh, le parole dure di quell'uomo! Ma giuste, in fondo; doveva riconoscerlo! Era stato fin troppo generoso con lui, dopo le dimissioni. Gli aveva detto: "Badi che ormai, senza impiego com'è, non dovrebbe più entrare in casa mia.


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Ombre di Lanterna
di Pierangelo Baratono
1909 pagine 254