Chinai lo sguardo a terra e vidi un grosso cane danese dal muso largo e dagli occhi sanguigni. Ebbi un lieve senso di paura innanzi a quella bestia, che sembrava abbandonata; perciò, mi allontanai frettoloso. Avevo fatti dieci passi, allorchè mi sentii urtare di nuovo. Era il cane: e mi guardava con i suoi occhioni rossi e un po' tristi. Tentai di tornare indietro. La bestia mi seguì. Cominciavo a impensierirmi seriamente per quell'insistenza, tanto più che il cane era senza museruola e non apparteneva, certo, a qualcuno della città, poichè prima d'allora non ricordavo d'averlo visto.
Risolvetti di evitarlo tornando al caffè per un'altra mezz'ora. Così feci. All'uscire, non scorsi più la bestia. Respiravo, come liberato da un gran peso. Passai rapidamente la città, poi la strada provinciale; infine mi posi, rallentando il moto, pel mio solito sentiero. Mi trovavo in aperta campagna. A destra avevo un'ampia stesa di piani, a sinistra un muro bianco e scabroso, qua e là adombrato da viti. La notte bellissima, ma fredda, mi dava una sensazione di forza e di benessere e mi immergeva in un quieto sogno, aiutato dal sereno spiovere dei raggi lunari. Il giorno innanzi aveva nevicato molto; perciò, i campi erano candidi e rilucenti come pianure di marmo e gli alberi scintillavano ancora per mille festoni di neve, che il notturno gelo avea temporaneamente fissati sui rami.
Mentr'io ammiravo la sterminata bianchezza, sentii un brivido di terrore percorrermi il corpo. In lontananza un corpo nero si avanzava rapidamente sulla pianura di neve, saltando e rotolandosi.
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